Art. 50 - ANAC LINEE GUIDA n. 13 (Delibera numero 114 del 13 febbraio 2019) DISCIPLINA CLAUSOLE SOCIALI

«La disciplina delle clausole sociali.»



Sommario



Premessa



Finalità e contesto normativo

Ambito di applicazione

L’applicazione delle clausole sociali

Il rapporto con i contratti collettivi

Conseguenze del mancato adempimento

Premessa



Le presenti Linee guida sono adottate ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (di seguito Codice dei contratti pubblici), come novellato dal decreto legislativo 19 aprile 2017 n. 56 (cosiddetto decreto correttivo) e contengono indicazioni circa le modalità di applicazione e di funzionamento dell’istituto della clausola sociale, da considerare non vincolanti.



Finalità e contesto normativo



Ai sensi dell’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici le stazioni appaltanti inseriscono, nella lex specialis di gara, comunque denominata, specifiche clausole volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato.



Ulteriori clausole sociali, diverse da quelle oggetto di queste Linee guida, sono consentite in base all’articolo 3, comma 1 lettera qqq) del Codice dei contratti pubblici.

Ambito di applicazione



La disciplina recata dall’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici si applica agli affidamenti di appalti e concessioni di lavori e di servizi diversi da quelli di natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera. Per servizi di natura intellettuale, si intendono i servizi che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, come ad esempio il brokeraggio assicurativo e la consulenza. Tale condizione si verifica nei casi in cui, anche eventualmente in parallelo all’effettuazione di attività materiali, il fornitore elabora soluzioni, proposte, pareri che richiedono una specifica e qualificata competenza professionale, prevalente nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse. Il servizio, pertanto, non ha natura intellettuale per il solo fatto di essere prestato da personale soggetto all’obbligo di iscrizione in albi professionali.



Le stazioni appaltanti possono prevedere la clausola sociale anche in appalti non ad alta intensità di manodopera, con esclusione (oltre ai servizi di natura intellettuale):

- degli appalti di fornitura;

- degli appalti di natura occasionale.

Laddove l’oggetto del contratto comprenda in modo scindibile sia prestazioni afferenti ad attività assoggettate all’obbligo di previsione della clausola sociale, sia prestazioni non soggette a tale obbligo, la clausola sociale si applica limitatamente alle attività ricadenti nell’obbligo di previsione della clausola sociale.

Resta ferma la facoltà per la stazione appaltante di estendere l’applicazione della clausola sociale alle attività non assoggettate all’obbligo, purché non escluse ai sensi dell’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici. Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti esplicitano i presupposti per l’applicazione della clausola sociale, nei casi in cui sussiste l’obbligo di previsione, ovvero motivano in ordine alla scelta effettuata negli altri casi.



Ai sensi dell’articolo 36 del Codice dei contratti pubblici, le clausole sociali possono essere previste anche negli affidamenti sotto soglia.



La disciplina delle clausole sociali è inoltre applicabile ai settori speciali, in considerazione del richiamo operato dall’articolo 114, comma 1, del Codice dei contratti pubblici alla disciplina contenuta negli articoli da 1 a 58

La clausola sociale, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, non si applica al personale utilizzato, nel contratto cessato, da parte delle imprese subappaltatrici.

L’applicazione delle clausole sociali



La stazione appaltante, sussistendo le condizioni oggettive e soggettive di applicazione dell’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici, inserisce la clausola sociale all’interno della lex specialis di gara. L’operatore economico accetta espressamente la clausola sociale e l’obbligo è riportato nel contratto.



L’obbligo richiede, in ogni caso, che siano rispettate le seguenti condizioni:

- il contratto di cui si tratta è oggettivamente assimilabile a quello in essere. L’inserimento di clausole volte alla tutela dei livelli occupazionali non è legittimo qualora non sussista, per la stazione appaltante, alcun contratto in essere nel settore di riferimento, ovvero il contratto in essere presenti un’oggettiva e rilevante incompatibilità rispetto a quello da attivare, L’incompatibilità è oggettiva quando pertiene alle prestazioni dedotte nel contratto e non deriva da valutazioni o profili meramente soggettivi attinenti agli operatori economici. Non sussiste di regola incompatibilità laddove il contratto di cui si tratta preveda prestazioni aggiuntive rispetto a quello precedente, salvo il caso in cui, per l’entità delle variazioni e per i conseguenti effetti sulle prestazioni dedotte, risulti complessivamente mutato l’oggetto dell’affidamento;



- l’applicazione della clausola sociale non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente, dovendo tale obbligo essere armonizzato con l’organizzazione aziendale prescelta dal nuovo affidatario. Il riassorbimento del personale è imponibile nella misura e nei limiti in cui sia compatibile con il fabbisogno richiesto dall’esecuzione del nuovo contratto e con la pianificazione e l’organizzazione definita dal nuovo assuntore. Tale principio è applicabile a prescindere dalla fonte che regola l’obbligo di inserimento della clausola sociale (contratto collettivo, Codice dei contratti pubblici).



Ai fini dell’applicazione della clausola sociale, si considera di regola il personale dell’impresa uscente calcolato come media del personale impiegato nei sei mesi precedenti la data di indizione della nuova procedura di affidamento.



Allo scopo di consentire ai concorrenti di conoscere i dati del personale da assorbire, la stazione appaltante indica gli elementi rilevanti per la formulazione dell’offerta nel rispetto della clausola sociale, in particolare i dati relativi al personale utilizzato nel contratto in corso di esecuzione, quali: numero di unità, monte ore, CCNL applicato dall’attuale appaltatore, qualifica, livelli retributivi, scatti di anzianità, sede di lavoro, eventuale indicazione dei lavoratori assunti ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, ovvero mediante fruizione di agevolazioni contributive previste dalla legislazione vigente. È fatto salvo il diritto dei concorrenti di richiedere, in modo analitico, alla stazione appaltante i dati ulteriori ritenuti necessari per la formulazione dell’offerta nel rispetto della clausola sociale. Qualora la stazione appaltante non fosse in possesso dei dati richiesti, la stessa provvede a richiederli all’operatore uscente, prestando particolare attenzione all’anonimato delle richieste pervenute, e a renderli noti a tutti i potenziali concorrenti. Le stazioni appaltanti valutano inoltre la possibilità di inserire, negli schemi contrattuali, specifiche clausole che obbligano gli appaltatori a fornire le informazioni sul personale utilizzato nel corso dell’esecuzione contrattuale.



La stazione appaltante prevede, nella documentazione di gara, che il concorrente alleghi all’offerta un progetto di assorbimento, comunque denominato, atto ad illustrare le concrete modalità di applicazione della clausola sociale, con particolare riferimento al numero dei lavoratori che beneficeranno della stessa e alla relativa proposta contrattuale (inquadramento e trattamento economico). La mancata presentazione del progetto, anche a seguito dell’attivazione del soccorso istruttorio, equivale a mancata accettazione della clausola sociale con le conseguenze di cui al successivo punto 5.1. Il rispetto delle previsioni del progetto di assorbimento sarà oggetto di monitoraggio da parte della stazione appaltante durante l’esecuzione del contratto.

Il rapporto con i contratti collettivi



Le stazioni appaltanti indicano nella documentazione di gara il contratto collettivo applicabile in ragione della pertinenza rispetto all’oggetto prevalente dell’affidamento, tenuto conto del richiamo espresso, disposto dall’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici, all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nonché di quanto stabilito dall’articolo 30, comma 4, del Codice dei contratti pubblici. L’operatore economico subentrante applica le disposizioni sulla clausola sociale recate dal contratto collettivo indicato dalla stazione appaltante. È comunque fatta salva l’applicazione, ove più favorevole, della clausola sociale prevista dal contratto collettivo nazionale prescelto dall’operatore economico

Conseguenze del mancato adempimento



La mancata accettazione della clausola sociale costituisce manifestazione della volontà di proporre un’offerta condizionata, come tale inammissibile nelle gare pubbliche, per la quale si impone l’esclusione dalla gara.

L’esclusione, viceversa, non è fondata nell’ipotesi in cui l’operatore economico manifesti il proposito di applicarla nei limiti di compatibilità con la propria organizzazione d’impresa, secondo i termini evidenziati al paragrafo 3.

L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla clausola sociale comporta l’applicazione dei rimedi previsti dalla legge ovvero dal contratto. Nello schema di contratto le stazioni appaltanti inseriscono clausole risolutive espresse ovvero penali commisurate alla gravità della violazione. Ove ne ricorrano i presupposti, applicano l’articolo 108, comma 3, del Codice dei contratti pubblici.

Entrata in vigore



Le presenti Linee guida entrano in vigore 15 (quindici) giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.



Il Presidente

Raffaele Cantone



Approvate dal Consiglio dell’Autorità nell’adunanza del 13 febbraio 2019



Depositate presso la Segreteria del Consiglio in data 19 febbraio 2019

Il Segretario Maria Esposito

Relazione

Autorità Nazionale Anticorruzione Linee guida n 13 recanti “La disciplina delle clausole sociali”

Approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 114 del 13.2.2019

Relazione Illustrativa



Sommario

Premessa

I. Contesto e obiettivi dell’intervento dell’Autorità

II. Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinatari dei principali effetti dell'intervento regolatorio

III. La procedura di consultazione pubblica

IV. Le scelte di fondo effettuate

V. Valutazione delle opzioni alternative

1. Ambito di applicazione

2. L’applicazione delle clausole sociali

3. Il rapporto con i contratti collettivi

4. Conseguenze del mancato adempimento



Premessa Il decreto legislativo n. 50 del 2016 (di seguito Codice dei contratti pubblici), come novellato dal decreto legislativo 19 aprile 2017 n. 56 (cosiddetto decreto correttivo) prevede espressamente, all’articolo 50, che le stazioni appaltanti inseriscano, nei bandi e nelle lettere di invito, “nel rispetto dei principi dell’Unione Europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione, da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”.

Si tratta di una previsione che sovverte l’impostazione originaria del nuovo Codice dei contratti pubblici, che invece stabiliva una mera facoltà di inserimento (“possono inserire…specifiche clausole sociali”).

La ratio della clausola sociale, come delineata dalla predetta disposizione, è dunque in primo luogo quella di tutelare la stabilità occupazionale del personale utilizzato dall’impresa uscente nell’esecuzione del contratto.



I. Contesto e obiettivi dell’intervento dell’Autorità

Sebbene il predetto articolo 50 riferisca letteralmente l’aspetto “sociale” della clausola soltanto alle dinamiche tese al mantenimento del posto di lavoro, l’articolo 3, comma 1 lettera qqq) del Codice dei contratti pubblici accoglie invece una nozione più ampia, definendo le clausole sociali come “disposizioni che impongono a un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e del lavoro come condizione per svolgere attività economiche in appalto o in concessione…”.

La definizione recata dal predetto articolo 3 si presta dunque a consentire alle stazioni appaltanti aperture verso previsioni tese a valorizzare aspetti ulteriori rispetto alla mera tutela occupazionale dei lavoratori dell’impresa uscente.

La scelta del legislatore nazionale tiene conto delle indicazioni contenute nelle Direttive 23/24/25 UE (considerando nn. 37, 93, 99 e articolo 18, paragrafo 2, e articolo 70 della Direttiva 2014/24/UE).

Anche la legge delega per l’attuazione delle citate Direttive (legge 28 gennaio 2016, n.11) reca disposizioni specifiche sul tema delle clausole sociali.

Si fa riferimento, in particolare, all’articolo 1, comma 1, lettere fff) e ggg), il cui contenuto è confluito nell’articolo 50 del Codice, in merito alla promozione della stabilità occupazionale, ma anche all’articolo 1, comma 1, lettera ddd) sulla valorizzazione delle “esigenze sociali e di sostenibilità ambientale” ai fini della valutazione delle offerte (articolo 95, comma 6, del Codice dei contratti pubblici).

Il fattore ricorrente è rappresentato dalla qualificazione in termini di “clausola”, a sottolineare che la tutela della finalità sociale richiede, in capo alle parti contraenti, ed alla stazione appaltante in primis, la necessità di un formale e specifico recepimento nella lex specialis e nel contratto di appalto/concessione.

In argomento giova richiamare altresì le previsioni contenute nei bandi-tipo adottati dall’Autorità (si vedano il paragrafo 24 del bando-tipo n. 1/2017 e il paragrafo 25 del bando-tipo n. 2/2017).

Nel paragrafo 3.1 delle Linee guida recanti la disciplina dei contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria (Linee guida n. 4, aggiornate da ultimo con delibera n. 206 del 1 marzo 2018), l’ANAC, facendo seguito a quanto indicato dal Consiglio di Stato nel parere n. 361 del 12 gennaio 2018, ha stabilito di adottare uno specifico atto regolatorio sul tema delle clausole sociali. Tale scelta è motivata dal fatto che, riguardando la materia trasversalmente l’intero Codice dei contratti pubblici e non singoli istituti, per quanto rilevanti, appare opportuno trattare l’argomento in uno specifico atto di carattere generale, anziché ripetere la trattazione nelle singole Linee guida (indicazioni sulle clausole sociali sono, ad esempio, contenute nelle Linee guida n.10, adottate con delibera n. 462 del 23 maggio 2018, al paragrafo n.5, sull’affidamento dei servizi di vigilanza privata).

L’Autorità reputa opportuno fornire, a beneficio del mercato, ai sensi della generale previsione di cui all’articolo 213, comma 2 del Codice dei contratti pubblici, un quadro esaustivo delle problematiche che riguardano l’istituto, tenuto conto che le clausole sociali:

- hanno particolare impatto sia nella fase di predisposizione dei bandi di gara che nella fase di esecuzione dei contratti;

- riguardano una notevole quantità di affidamenti;

- possono essere oggetto di rilevanti controversie fra le parti contraenti, coinvolgendo spesso anche le associazioni sindacali.

In particolare, l’intervento dell’Autorità concerne:

- l’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell’istituto;

- le condizioni e i limiti di applicabilità;

- il rapporto con la contrattazione collettiva;

- le conseguenze derivanti dal mancato adempimento alla clausola.

Le indicazioni di cui alle presenti Linee guida sono di natura strettamente interpretativa; esse non prevedono nuovi obblighi ma si limitano ad interpretare e a fornire suggerimenti in relazione all’applicazione di norme primarie sulle quali l’Autorità non ha alcun potere di intervento.

Sulla base di tali presupposti, in applicazione del Regolamento per la definizione della disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e di una metodologia di acquisizione e analisi quali-quantitativa dei dati rilevanti ai fini dell’analisi di impatto della regolazione (AIR) e della verifica dell’impatto della regolazione (VIR), del 13 giugno 2018, le presenti Linee guida non sono state sottoposte a AIR; si è, invece, proceduto alla redazione della presente Relazione illustrativa che dà conto delle scelte effettuate, anche in relazione alle osservazioni pervenute in sede di consultazione.



II. Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinatari dei principali effetti dell'intervento regolatorio

L’atto regolatorio impatta oggettivamente sull’intero settore della contrattualistica, con particolare riguardo agli appalti e alle concessioni di servizi e di lavori.

L’impatto è assolutamente trasversale, in quanto l’istituto di cui trattasi riguarda:

- l’attività diretta delle stazioni appaltanti (nella predisposizione dei bandi di gara);

- l’attività nel mercato degli operatori economici, nella formulazione delle offerte e negli adempimenti contrattuali;

- l’operatività degli enti esponenziali, tanto datoriali che sindacali, nell’ambito della contrattazione collettiva ma anche nelle procedure di cambio d’appalto.

Anche ove si limitasse il raggio d’azione agli appalti di servizi che presentano la caratteristica del labour intensive, ovvero rappresentano il settore ove è fisiologicamente maggiore l’incidenza delle clausole, il volume di spesa del mercato pubblico è pari annualmente a circa 3 miliardi di euro corrispondente a circa 4.000 aggiudicazioni sopra le soglie di rilevanza comunitaria (l’analisi è stata desunta sulla base dei dati rilevabili dai sistemi informativi dell’Autorità, con ricerca sui seguenti settori merceologici: facchinaggio, pulizie, igiene, mensa, servizi postali, vigilanza).



III. La procedura di consultazione pubblica

Il documento denominato “Linee guida recanti la disciplina delle clausole sociali - documento in consultazione”, è stato sottoposto a consultazione nel periodo 14 maggio 2018 – 13 giugno 2018, al fine di acquisire osservazioni e commenti da parte degli operatori del settore.

Nel corso della consultazione sono pervenuti all’Autorità contributi da parte di n. 25 soggetti (amministrazioni e società pubbliche; associazioni di categoria e di imprese, dipendenti di amministrazioni pubbliche e operatori economici).

All’esito dell’esame dei contributi pervenuti, l’Autorità ha trasmesso il testo elaborato al Consiglio di Stato per il consueto parere.

Preso atto delle considerazioni espresse dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato nell’adunanza del 26.10.2018 con il parere n. 2073 del 21.11.2018 è stato elaborato e approvato il testo definitivo delle Linee guida.



IV. Le scelte di fondo effettuate

La consultazione ha visto un’ampia partecipazione da parte degli stakeholders e ha consentito all’Autorità di acquisire elementi di significativa utilità ai fini delle scelte effettuate.

Tra le questioni di maggiore rilevanza trattate nelle Linee guida, si rappresenta quanto segue:

- con riguardo agli appalti diversi da quelli ad alta intensità di manodopera, l’Autorità opta per la tesi secondo cui la previsione della clausola sociale da parte della stazione appaltante è legittima e facoltativa;

- sul tema dell’efficacia della clausola sociale, su cui persiste un notevole dibattito dottrinale e giurisprudenziale, si ritiene che, a prescindere dalla fonte che introduce l’obbligo di prevedere la clausola (contratto collettivo o Codice), si imponga il rispetto dei principi di proporzionalità e libera iniziativa economica, dovendosi quindi l’obbligo di assorbimento armonizzare con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’operatore economico subentrante;

- in merito alle conseguenze derivanti dal mancato rispetto della clausola, l’Autorità conferma l’impostazione tradizionale, secondo cui occorre distinguere fra mancata accettazione della clausola in gara – circostanza che comporta l’esclusione dalla gara – e mancato adempimento alle prescrizioni contrattuali nella fase dell’esecuzione. In tale ipotesi, la clausola sociale rileva come condizione di esecuzione, ex articolo 100 del Codice, ed è sanzionabile unicamente dalla stazione appaltante nell’ambito dei rimedi contrattuali.



V. Valutazione delle opzioni alternative

Di seguito si riportano le principali osservazioni formulate dagli stakeholders che hanno partecipato alla consultazione pubblica e le opzioni specificamente esercitate dall’Autorità, con l’evidenza delle ragioni sottese e delle novità introdotte con il nuovo atto regolatorio, tenuto conto, altresì, di quanto indicato dal Consiglio di Stato nel parere n. 2073/2018.



1. Ambito di applicazione La disciplina recata dall’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici si applica agli affidamenti di appalti e concessioni di lavori e di servizi diversi da quelli di natura intellettuale (ad esempio, servizi professionali, consulenza).

Si pone in primo luogo il problema di valutare se, al di fuori dei casi di alta intensità di manodopera, come definita dall’ultimo periodo dell’articolo 50, che rappresentano senza dubbio il campo elettivo della clausola sociale, le stazioni appaltanti abbiano o meno l’obbligo, ovvero la facoltà, di prevedere detta clausola anche in appalti non aventi la predetta caratteristica (con esclusione dei servizi di natura intellettuale, naturalmente).

Nella relazione allegata al documento in consultazione sono state prospettate le seguenti tesi:

- tesi dell’obbligatorietà: poiché l’articolo 50 del Codice reca l’inciso “con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità….”, si potrebbe ritenere che il riferimento agli appalti labour intensive sia meramente esemplificativo, e che pertanto l’obbligo di introdurre la clausola riveste carattere generale, anche in contratti diversi, fatte salve le ipotesi di inapplicabilità contemplate dalla norma (servizi intellettuali) o comunque ricavabili dalla ratio della disposizione;

- tesi negativa: la clausola sociale tende essenzialmente alla stabilità occupazionale del personale dell’impresa uscente e, generando obblighi costitutivi di imponibile di manodopera, rappresenta un istituto di carattere eccezionale, in quanto tale derogatorio del principio della libera iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione e, perciò, utilizzabile solo a fronte di un’espressa previsione, di fonte normativa o collettiva, nei limiti della stretta applicazione;

- tesi della facoltatività: si potrebbe ritenere che l’inciso “con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità….” valga ad indirizzare l’obbligo di inserimento della clausola sociale nei riguardi degli appalti labour intensive, senza tuttavia escludere che la stessa sia proponibile anche negli appalti in cui la manodopera non assume carattere di prevalenza, stanti la formulazione “aperta” dell’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici e il principio dell’autonomia negoziale di cui gode la stazione appaltante ex articolo 1322 del codice civile. Seguendo tale indirizzo interpretativo, si potrebbe ulteriormente ritenere necessario che il peso della manodopera abbia comunque un valore significativo e/o che sia fornita adeguata motivazione nella determina a contrarre o nell’atto equivalente delle ragioni sottese alla previsione.

Nell’articolato di Linee guida posto in consultazione si è optato per la tesi della facoltatività, ritenuta più aderente al tenore letterale delle disposizioni e più coerente con la generale discrezionalità di cui godono le stazioni appaltanti.

Sull’argomento, gli stakeholders hanno aderito, in larga prevalenza, alla tesi della facoltatività. In particolare, è stato osservato (soprattutto dalle associazioni datoriali) che prevedere un regime di obbligatorietà generalizzata della clausola sociale comporterebbe una significativa restrizione al principio di libera iniziativa economica sancito dall’articolo 41 della Costituzione e, di riflesso, un significativo vincolo all’attività imprenditoriale nel settore degli appalti pubblici.

Di contro, alcuni stakeholders (in particolare le associazioni sindacali) hanno ritenuto preferibile l’opzione dell’obbligatorietà, in quanto ritenuta più aderente al dato letterale. In tale ottica interpretativa, è stato infatti osservato che l’articolo 50 del Codice prevede, quale unica eccezione all’obbligatorietà, il settore dei servizi intellettuali, talché contrasterebbe con la littera legis ogni interpretazione volta a circoscriverne la portata al di là dell’eccezione espressamente contemplata dal legislatore.

Nel documento di consultazione si è ritenuta, in ogni caso, non proponibile la clausola sociale nelle seguenti situazioni, nelle quali la componente della prestazione lavorativa non acquisisce un rilievo specifico:

- appalti di forniture;

- appalti/concessioni in cui la prestazione lavorativa è scarsamente significativa o anche irrilevante (ad esempio, appalti di natura finanziaria);

- in termini più generali, ogni qual volta è riscontrabile l’elemento dell’intuitus personae.

Sempre in tema di ambito oggettivo di applicazione, diversi stakeholder hanno suggerito espressamente di declinare la nozione di “servizi intellettuali”. È stato infatti rilevato che la relativa nozione non appare scevra da incertezze applicative, e quindi sarebbe auspicabile stabilire i confini con le prestazioni che implicano “attività umane” ma che non sembrano inquadrabili nell’ambito dei servizi intellettuali (es. servizi professionali ICT).

Ulteriormente, nel dibattito scaturito dalla consultazione:

- è stata evidenziata l’opportunità che nelle Linee guida siano fornite indicazioni su come applicare la clausola sociale negli affidamenti caratterizzati dalla contemporanea presenza di servizi intellettuali, o comunque di servizi esclusi ex lege dall’applicazione della clausola, e prestazioni rientranti nel campo di applicazione della clausola;

- è stato sollecitato il punto di vista dell’Autorità sulla possibilità o meno di estendere la disciplina delle clausole sociali anche ai dipendenti delle imprese che operano in regime di subappalto. Ad avviso dei proponenti, la soluzione dovrebbe essere negativa;

- l’Autorità è stata invitata a chiarire la disciplina applicabile agli affidamenti sotto soglia, atteso il regime di facoltatività previsto dall’articolo 36 del Codice.

Opzione scelta In tema di ambito oggettivo di applicazione, la prima questione da dirimere riguarda l’estensione dell’obbligo di inserimento della clausola, al di là della fattispecie indicata dal legislatore (contratti ad alta intensità di manodopera), ossia in pratica a tutti i contratti pubblici di appalto e concessione non ad alta intensità di manodopera, salvi poi i servizi intellettuali e quelli comunque incompatibili con la previsione della clausola.

L’elemento dirimente è rappresentato dall’inciso “con particolare riguardo a….”, di cui all’articolo 50 del Codice. Astrattamente, si potrebbe ritenere che, con tale espressione, il legislatore abbia inteso fornire un mero esempio di tipologia contrattuale alla quale deve necessariamente essere apposta la clausola sociale.

Ad avviso dell’Autorità, è preferibile dare seguito all’indirizzo, già prospettato nel documento di consultazione e avallato dalla maggior parte degli stakeholders, teso a ritenere che l’inciso previsto dal legislatore valga ad indirizzare, e al contempo a restringere, l’obbligo di prevedere la clausola limitatamente ai contratti labour intensive.

Tale interpretazione, ad avviso dell’Autorità, sembra più coerente con la citata disposizione normativa, per un duplice ordine di ragioni:

- se il legislatore avesse inteso stabilire l’applicazione generalizzata della clausola sociale, non avrebbe introdotto l’inciso “con particolare riguardo a…”, ma si sarebbe ragionevolmente limitato a introdurre il principio, con la relativa eccezione (servizi intellettuali). Inoltre, una chiara conferma di tale assunto è rinvenibile nella relazione tecnica (pag. 5) presentata dal Governo in sede di approvazione del decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici (rif. Articolo 30 del decreto legislativo n. 56/2017), laddove viene chiaramente affermato che la modifica apportata all’articolo 50 del Codice introduce, per i servizi ad alta intensità di manodopera, l’obbligo di inserimento della clausola;

- applicare di necessità la clausola anche a servizi caratterizzati da scarsa rilevanza della manodopera comporterebbe un’irragionevole rigidità dell’istituto e potrebbe creare criticità applicative, tenuto conto della potenziale difficoltà ad individuare la reale entità della manodopera.

Sul punto, quindi, al paragrafo 2.2 delle Linee guida, l’Autorità precisa che l’articolo 50 pone in essere una disciplina obbligatoria per i contratti di servizi e lavori ad alta intensità di manodopera e facoltativa per quelli non aventi tale caratteristica.

Per i contratti non labour intensive, quindi, l’Autorità è dell’avviso che debba essere confermato il generale regime di facoltatività della clausola, come tale rientrante nella piena discrezionalità della stazione appaltante, fatta salva la disciplina recata dai contratti collettivi applicabili e le esclusioni tipizzate dall’articolo 50 del Codice (servizi intellettuali) o comunque ricavabili dalla disciplina (v. di seguito).

L’interpretazione adottata dall’Autorità è stata condivisa anche dal Consiglio di Stato che, pur ritenendo che si tratti di un’interpretazione apparentemente contraria alla lettera della norma, ha dichiarato di concordare con l’interpretazione proposta, costituzionalmente orientata, perché coerente con la considerazione di principio per cui la clausola in esame rappresenta un limite alla libertà di iniziativa economica, che deve essere proporzionato agli obiettivi da raggiungere.

Altro aspetto da regolare concerne il regime delle esclusioni, posto che il legislatore ha previsto unicamente i servizi intellettuali.

Al riguardo, l’Autorità, tenuto conto anche di quanto evidenziato dal Consiglio di Stato con riferimento ai contratti nei quali la manodopera sia manifestamente irrilevante (come negli appalti finanziari e assicurativi), ritiene di modificare le valutazioni proposte nel documento di consultazione, nel senso che la clausola sociale non può essere applicata (oltre ai servizi intellettuali):

- agli appalti di forniture, non considerati dal tenore letterale dell’articolo 50 del Codice, che fa riferimento unicamente a servizi e lavori.;

- ai contratti di natura occasionale.

La casistica di esclusione, rappresentata dai servizi resi occasionalmente, è inserita sulla base di un suggerimento fornito durante la consultazione, in considerazione del fatto che, per tali servizi, la mancanza di stabilità/continuità nell’erogazione delle prestazioni impedisce in radice di configurare un obbligo di riassorbimento. D’altra parte, opinando in senso contrario si dovrebbe ipotizzare che, a fronte di un servizio, prestazionalmente omogeneo al servizio cessato ma da rendere successivamente (ad esempio per scelta della stazione appaltante) in modalità occasionale (es. pulizia occasionale di un edificio, in precedenza pulito quotidianamente), l’operatore subentrante debba mantenere in organico i lavoratori utilizzati dal precedente assuntore.

Diversi stakeholders hanno inoltre suggerito di fornire indicazioni sull’obbligo o meno di applicazione della clausola sociale nei contratti “misti”, ossia comprendenti in parte prestazioni ricadenti nell’obbligo in questione e in parte esonerati da tale obbligo, in quanto non labour intensive o esclusi tout court (es. contratto che preveda forniture di materiali o servizio di consulenza, con associate prestazioni continuative di servizi operativi).

Condividendo il suggerimento, l’Autorità, al secondo periodo del paragrafo 2.2, specifica che in tali ipotesi l’applicazione della clausola si imponga limitatamente alle prestazioni assoggettate all’obbligo di inserimento, a condizione che dette prestazioni siano scorporabili. Tale opzione consente di tutelare i lavoratori impiegati in prestazioni soggette alla clausola, anche in concorso con altri utilizzati in settori per cui non opera la clausola e anche, vieppiù, nell’ipotesi in cui le prestazioni escluse siano prevalenti.

La stazione appaltante peraltro (paragrafo 2.2, terzo periodo) in simili circostanze dovrebbe evidenziare, negli atti di gara, l’esatta porzione di contratto assoggettato all’obbligo di riassorbimento del personale, così da orientare i concorrenti in ordine al corretto assolvimento dell’obbligo.

L’Autorità reputa condivisibile il suggerimento ricevuto nella consultazione di delineare una nozione di servizi “intellettuali”, allo scopo di orientare i comportamenti delle stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara, vista la mancanza di specifica declaratoria ad opera del Codice.

In particolare, al paragrafo 2.1, l’indicazione data è nel senso che, ai fini dell’inquadramento in tale categoria, si considerano i servizi caratterizzati dalla presenza di prestazioni di natura professionale, resi prevalentemente con il proprio apporto personale, come ad esempio nel caso del brokeraggio assicurativo e della consulenza. Tale nozione si ricava dalla costante elaborazione pretoria (v. recente Tar Bolzano, sentenza n. 139 del 18 aprile 2018). Accogliendo il suggerimento del Consiglio di Stato, si specifica anche che il servizio non ha natura intellettuale per il solo fatto di essere prestato da personale soggetto all’obbligo di iscrizione in albi professionali.

Peraltro, l’Autorità reputa opportuno chiarire che, nell’ipotesi in cui il servizio di natura intellettuale venga ad essere affiancato da attività materiali, occorre valutare la prevalenza dell’una o dell’altra componente, per valutarne l’inquadrabilità o meno nel novero dei servizi intellettuali; in ogni caso, la coeva presenza di attività materiali non esclude, di per sé, tale inquadramento.

L’Autorità, in adesione alle osservazioni formulate dagli stakeholders, esprime la propria posizione sulle ulteriori questioni sollevate nel corso della consultazione sotto il profilo dell’ambito oggettivo di applicazione.

In particolare, al paragrafo 2.5, si chiarisce che la disciplina recata dall’articolo 50 del Codice non si applica nei riguardi dei lavoratori utilizzati dalle imprese subappaltatrici nel contratto cessato.

Al riguardo, la valutazione compiuta dall’Autorità, conforme peraltro sul punto alle indicazioni fornite dagli stakeholders, tiene conto, in primo luogo, del fatto che l’articolo 50 del Codice collega la clausola sociale ad un obbligo dell’aggiudicatario e non di altri soggetti.

Inoltre, sebbene la ratio legis dell’istituto, volta al mantenimento delle posizioni occupazionali dei lavoratori utilizzati nel contratto pubblico, può essere associata anche al subappalto, a bene vedere in tale istituto difetta un legame giuridico diretto fra subappaltatore e stazione appaltante (il subappalto costituisce tipicamente un contratto derivato, in cui le reciproche obbligazioni rilevano, in linea di principio, solo fra le parti contraenti). Infatti, ai sensi dell’articolo 105, comma 8, primo periodo del Codice, anche in caso di affidamento in subappalto l’unico soggetto responsabile nei confronti della stazione appaltante è l’affidatario. Si evidenzia, ulteriormente, che l’impresa subappaltatrice potrebbe, in corso di esecuzione, essere sostituita per scelta dell’affidatario, ovvero questi potrebbe rinunciare al subappalto stesso, talché difetta, nella sostanza, la stabilità del legame contrattuale, con evidenti difficoltà per la stazione appaltante ad identificare correttamente il regime applicabile.

A contrario, si potrebbe sostenere, oltre all’applicabilità della ratio legis volta alla tutela dei livelli occupazionali, come sopra evidenziato, che nella disciplina del subappalto recata dal Codice dei contratti pubblici non mancano disposizioni che introducono interferenze tra contatto principale e subappalto e che, in varia misura e maniera, impongono alla stazione appaltante la verifica del contratto di subappalto o il rispetto degli standards sociali ed economici previsti dal Codice stesso o dalla vigente legislazione giuslavoristica (v. ad, esempio, articolo 105, comma 13, in tema di pagamento diretto al subappaltatore).

Ciò posto, ad avviso dell’Autorità restano prevalenti le ragioni per negare l’applicabilità della clausola sociale in caso di subappalto.

Nel paragrafo 2.3 delle Linee guida l’Autorità affronta il tema della disciplina applicabile negli affidamenti sotto soglia, posto il regime di facoltatività previsto dall’articolo 36, primo comma, secondo periodo del Codice (“le stazioni appaltanti possono, altresì, applicare le disposizioni di cui all’articolo 50”).

L’Autorità, ferma la facoltà di previsione in capo alle stazioni appaltanti, ritiene che la disciplina non presenti difformità rispetto a quella applicabile sopra soglia, e che, nelle procedure negoziate e negli affidamenti diretti, l’applicazione del principio di rotazione, in forza dell’articolo 36, primo comma del Codice, non incide né suoi presupposti di applicazione né sul funzionamento delle clausole sociali.



2. L’applicazione delle clausole sociali La stazione appaltante, sussistendo le condizioni oggettive e soggettive di applicazione dell’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici, in ottemperanza alla predetta disposizione inserisce le clausole sociali all’interno della lex specialis di gara.

Nel documento posto in consultazione sono stati indicati i presupposti logico-giuridici individuati dalla giurisprudenza consolidata per la sussistenza dell’obbligo e, ulteriormente, i limiti di contenuto.

Quanto ai presupposti applicativi, è necessario che il contratto di cui si tratta sia oggettivamente assimilabile a quello in essere (v. al riguardo, sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 28 agosto 2018, n. 4079). Non è pertanto concepibile l’inserimento di clausole volte alla tutela dei livelli occupazionali qualora:

- non sussista, per la stazione appaltante, alcun contratto in essere nel settore di riferimento;

- il contratto in essere presenti un’oggettiva incompatibilità rispetto a quello da attivare.

Possibili indici di incompatibilità tra i contratti possono essere la diversità delle attività oggetto dell’affidamento e/o la difformità delle condizioni soggettive di accesso alla gara da parte degli operatori economici; quest’ultima, seppur non ha rilevanza autonoma, è un sintomo di una possibile diversità prestazionale che deve indurre la stazione appaltante a una attenta verifica delle prestazioni oggetto dei due affidamenti successivi.

Qualora l’incompatibilità si riferisca all’entità delle prestazioni (ad esempio, il nuovo appalto prevede l’utilizzo di un numero inferiore di prestazioni e dunque di risorse lavorative rispetto al contratto in essere), nel documento si è evidenziato come l’obbligo di assorbimento possa gravare nei limiti del nuovo fabbisogno (l’impresa subentrante non può quindi essere obbligata a riassorbire tutti i dipendenti dell’impresa cessante anche a fronte di un mutato, al ribasso, quadro esigenziale).

Alcuni stakeholders hanno rappresentato l’opportunità di fornire ulteriori indicazioni circa le ipotesi di incompatibilità fra contratto precedente e contratto di cui trattasi. In particolare, secondo la posizione espressa da uno stakeholder intervenuto, bisognerebbe precisare che l’incompatibilità non sussiste mai nel caso in cui il nuovo contratto contenga delle prestazioni aggiuntive rispetto a quello in essere e che, anche nell’ipotesi di prestazioni inferiori, l’obbligo al riassorbimento in linea generale opera ugualmente, proporzionalmente al mutato fabbisogno.

Posto che sussistano le condizioni per inserire la clausola sociale, occorre analizzare, in dettaglio, i contenuti della stessa e gli adempimenti che ne derivano.

Con riferimento al contenuto principale dell’obbligo gravante sull’impresa subentrante, nel documento posto in consultazione è stato evidenziato come la giurisprudenza, anche comunitaria, ha chiarito che l’applicazione della clausola sociale non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente, dovendo tale obbligo essere armonizzato con l’organizzazione aziendale prescelta dal nuovo affidatario. In tal senso, deve intendersi il richiamo operato dall’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici ai “principi dell’Unione Europea”.

Il riassorbimento del personale, in sostanza, sarebbe imponibile nella misura e nei limiti in cui sia compatibile con il fabbisogno richiesto dall’esecuzione del nuovo contratto e, altresì, con la pianificazione e l’organizzazione del lavoro elaborata dal nuovo assuntore.

Sussistendo tale compatibilità, il lavoratore dell’impresa uscente deve essere riassorbito dall’impresa entrante, con preferenza rispetto a soggetti terzi.

I lavoratori che non trovano collocazione nella nuova organizzazione sono destinatari, nel rispetto delle procedure sindacali, delle tutele apprestate dagli ammortizzatori sociali previsti dalla legge. In ordine all’attivazione di tali tutele, uno stakeholder ha evidenziato la necessità di precisare che l’attivazione delle misure è affidata, in caso di mancato riassorbimento, all’impresa cessante.

Proprio sul tema dell’efficacia della clausola sociale, il dibattito nella consultazione è stato ampio e acceso, richiamando a ben vedere un contrasto presente nell’attuale giurisprudenza e nella dottrina.

Da un lato, infatti, alcuni stakeholders (posizione prevalente) hanno manifestato adesione all’indirizzo secondo cui l’applicazione flessibile della clausola – siccome temperata dal rispetto dei principi di valenza costituzionale ed eurounitaria della proporzionalità e della libera iniziativa economica – si dovrebbe adottare a prescindere dalla fonte che introduce l’obbligo di previsione della clausola (es. contratto collettivo piuttosto che l’articolo 50 del Codice), pena la frustrazione dei principi stessi, di inderogabile portata.

Viceversa, secondo altro orientamento sostenuto nel dibattito sull’argomento, l’applicazione flessibile della clausola sarebbe legittima unicamente ai casi in cui, silente il contratto collettivo, sia la stazione appaltante, in forza dell’obbligo sancito dalla legge (rectius, dall’articolo 50 del Codice), a introdurre l’obbligo in gara. In particolare, secondo tale approccio, non sarebbe logico ritenere che, nei casi in cui sia la contrattazione collettiva a statuire l’obbligo, il riassorbimento rappresenti un effettivo vulnus ai suddetti principi, dal momento che l’operatore economico ha aderito volontariamente all’associazione datoriale firmataria del contratto collettivo. La flessibilità della clausola, in altri termini, si potrebbe applicare solo nella diversa ipotesi in cui sia la stazione appaltante a intervenire, in supplenza rispetto alla fonte collettiva, introducendo l’obbligo di riassorbimento in capo all’impresa subentrante.

Sempre in ordine al contenuto del riassorbimento del personale, diversi stakeholders hanno segnalato, con posizioni differenziate nel merito della soluzione, l’opportunità di disciplinare la modalità con la quale individuare i lavoratori beneficiari delle tutele previste dalla clausola sociale.

Secondo un primo approccio, si potrebbe argomentare nel senso che – fermi condizioni e limiti sopra cennati – la tutela volta al riassorbimento riguarderebbe l’intero personale utilizzato alla cessazione del contratto dall’affidatario uscente.

Secondo altro orientamento, il riassorbimento dovrebbe essere limitato al personale che ha operato in modo stabile e continuativo nel contratto cessato, evitando che l’operatore subentrante abbia la necessità di acquisire anche il personale utilizzato in modo occasionale o stagionale, o comunque che sia stato collocato nell’esecuzione contrattuale in prossimità della scadenza, senza apparente giustificazione ovvero per risolvere problemi interni all’impresa uscente.

Alcuni stakeholders, allo scopo di definire in modo puntuale gli obblighi di riassorbimento, hanno proposto, al riguardo, di utilizzare criteri matematici tesi a collocare l’obbligo nei confronti del personale utilizzato per almeno “x” giorni negli ultimi “x” mesi (es. per almeno 240 giorni prima della scadenza del contratto).

Il tema del contenuto degli obblighi derivanti dalla previsione della clausola sociale è stato approfondito da taluni stakeholders anche sotto il profilo del rapporto con la norma recata dall’articolo 29, comma 3 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276 (cd. decreto Biagi).

Tale disposizione stabilisce che il cambio d’appalto non configura trasferimento d’azienda (ergo non è applicabile l’articolo 2112 c.c.), ove siano presenti elementi di discontinuità in termini di identità aziendale tra il soggetto subentrante e quello cessante. Secondo alcune osservazioni formulate nel corso della consultazione, l’Autorità dovrebbe:

- inserire, nel contesto dell’atto regolatorio in questione, una previsione di richiamo alla predetta disposizione;

- chiarire se, in forza di detta norma, l’operatore economico entrante abbia la possibilità o meno di ricontrattualizzare i dipendenti assorbiti secondo parametri diversi da quelli spettanti agli stessi durante il pregresso rapporto contrattuale sulla base del CCNL applicato dall’operatore uscente. La questione, con tutta evidenza, si salda con la tematica della corretta individuazione del contratto collettivo, in presenza di più contratti astrattamente applicabili (v. paragrafo successivo).

In disparte i temi dianzi evocati, nel documento in consultazione si è posto inoltre l’accento sulla necessità che la clausola sociale sia espressamente prevista ed evidenziata a chiare lettere dalla stazione appaltante nella lex specialis (sia nel disciplinare di gara che nello schema di contratto, così come previsto nel bando tipo Anac n. 1/2017, paragrafo 24), nonché sull’opportunità che, in sede di offerta, l’operatore economico accetti espressamente la clausola in questione e che, naturalmente, l’obbligo sia riportato anche nel contratto poi sottoscritto con l’affidatario.

Allo scopo di consentire ai concorrenti di conoscere i dati del personale da assorbire, nel documento posto in consultazione è stato previsto che la stazione appaltante debba altresì indicare, in modo chiaro, i dettagli delle unità impiegate nell’esecuzione del contratto in corso, con particolare riguardo a: numero di unità, monte ore, CCNL applicato dall’attuale appaltatore, qualifica, livelli retributivi, scatti di anzianità, sede di lavoro.

Sul punto, alcuni stakeholders hanno palesato contrarietà a prevedere l’obbligo, anziché la facoltà, di inserire i predetti dati nella documentazione di gara, in quanto le stazioni appaltanti potrebbero non disporne al momento dell’avvio della procedura selettiva. Inoltre, è stato evidenziato come il citato bando tipo Anac n. 1/2017 (paragrafo 24, pagina 47) contempli la facoltà e non l’obbligo di prevedere i dati nella lex specialis. La previsione esposta nel documento di consultazione, dunque, si rivelerebbe disarmonica rispetto alla citata previsione del bando-tipo.

Opzione scelta Il tema dell’efficacia della clausola sociale, in relazione alle diverse ipotesi in cui la clausola è prevista dal CCNL o imposta ai concorrenti dalla stazione appaltante, è senza dubbio l’argomento affrontato con maggiore vis dagli stakeholders nel corso della consultazione.

In effetti, il tema appare, oltre che di stretta attualità nel diritto vivente, denso di conseguenze sul piano applicativo, specie ove si consideri che – come segnalato da diversi soggetti – è sempre crescente il numero di contratti collettivi che contempla obblighi di riassorbimento del personale.

La tematica, dunque, è destinata ad assumere toni sempre più accesi, a fronte della palese emersione di contrapposti interessi: quello delle associazioni sindacali a restringerne l’applicazione cd. flessibile alle ipotesi non contemplate dai CCNL, quello speculare delle associazioni datoriali a confermare la possibilità, per gli operatori economici subentranti, di un obbligo nei limiti di compatibilità con l’organizzazione aziendale prescelta.

Al riguardo, si osserva che in effetti allo stato si registra un contrasto nelle pronunce giurisprudenziali.

Da un lato, infatti, il Tar Liguria, sez. II, con sentenza n. 640 del 21 luglio 2017 ha aderito all’orientamento, sopra descritto, per cui il Codice, con l’articolo 50, avrebbe introdotto per la clausola sociale un regime dicotomico, nel quale l’applicazione per così dire flessibile della clausola sarebbe da riferirsi alla sola ipotesi in cui sia la stazione appaltante ad introdurre l’obbligo di riassorbimento.

Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 272 del 17 gennaio 2018 ha tuttavia riformato la pronuncia del Tar Liguria, osservando come siffatta distinzione di regime non abbia fondamento nell’ordinamento nazionale. Tale orientamento è stato confermato anche dal Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 3471 del 8 giugno 2018. Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada, si impone un’applicazione “costituzionalmente e comunitariamente orientata”, talché la clausola è legittima solo laddove non comporti un generalizzato obbligo di riassorbimento.

Ad avviso dell’Autorità, merita seguito l’indirizzo avallato dalle pronunce del Consiglio di Stato.

In primo luogo, appare condivisibile il richiamo ai principi, di derivazione costituzionale ed eurounitaria, della libera iniziativa economica e della concorrenza, che verrebbero giocoforza compressi laddove le clausole di riassorbimento presenti nei CCNL (così come nella lex specialis) fossero intesi in modo rigido.

In secondo luogo, si osserva che l’applicazione rigida della clausola, anche ove apposta nel CCNL, è suscettibile di generare effetti distorsivi nell’ambito del procedimento selettivo, in quanto potrebbero verificarsi le seguenti ipotesi: a) la stazione appaltante potrebbe non conoscere con assoluta precisione l’organico e l’inquadramento dell’attuale forza-lavoro utilizzata dall’appaltatore; b) i CCNL applicati da operatore uscente ed entrante potrebbero essere diversi (v. paragrafo successivo). In queste ipotesi, il concorrente assoggettato dal CCNL all’obbligo integrale di assorbimento potrebbe essere danneggiato nel procedimento selettivo in quanto sconterebbe oneri non ascrivibili ai restanti competitors. Ciò avrebbe conseguenze negative sul pieno esplicarsi del gioco competitivo nell’affidamento dei contratti pubblici e, almeno potenzialmente, potrebbe innescare un processo contrario alla tendenza, in atto, di crescente inclusione nei CCNL delle clausole in questione.

In considerazione di quanto precede, al paragrafo 3.2, ultimo punto, delle Linee guida si precisa che i limiti di contenuto dell’obbligo di riassorbimento si applicano indifferentemente sia nell’ipotesi di previsione ad opera del CCNL, sia nel caso di inserimento determinato dalla stazione appaltante, discrezionalmente o in adesione alla prescrizione recata dall’art.50 del Codice.

In tema di contenuto dell’obbligo di riassorbimento, uno dei temi segnalati dagli stakeholders ha ad oggetto la determinazione del personale compreso nella tutela della clausola.

Si tratta, senza dubbio, di un punto con rilevanti ricadute applicative. In altri termini, occorre valutare come si determini, in concreto e in dettaglio, l’elenco dei lavoratori che beneficiano della tutela.

Sul punto, l’Autorità ritiene più aderente alla ratio dell’istituto e al tenore dell’articolo 50 del Codice l’approccio che correla l’obbligo di riassorbimento – sia pure con i limiti di contenuto sopra evidenziati relativi alla compatibilità con l’organizzazione aziendale prescelta dall’impresa subentrante – ai lavoratori utilizzati dall’affidatario uscente al momento della cessazione del contratto. Tuttavia, la necessità di inserire i dati inerenti il personale nella documentazione di gara impone di far riferimento ad un periodo precedente alla cessazione del contratto.

L’opzione, suggerita da diversi stakeholders, di considerare soltanto i lavoratori impiegati stabilmente, in modo continuativo ovvero per un certo numero di giorni in un determinato periodo, per quanto intercetti la corretta esigenza di evitare di “addossare” un onere eccessivo in capo al subentrante, incontra diverse difficoltà, di seguito evidenziate:

- non sembra avere un sicuro fondamento di diritto positivo;

- l’eventuale fissazione, ad opera dell’Autorità, di una formula o parametro matematico avrebbe il carattere dell’arbitrarietà;

- non considera l’ipotesi di lavoratori stagionali, i quali potrebbero essere stati impiegati, nel contratto cessato, solo per pochi giorni o mesi, ma con una serialità riproponibile nel contratto successivo.

Partendo da tali considerazioni, con l’intento di non gravare di un onere eccessivo il subentrante, al paragrafo 3.3, si è ritenuto opportuno prevedere che ai fini dell’applicazione della clausola, si considera di regola il personale dell’impresa uscente calcolato come media del personale impiegato nei sei mesi precedenti la data di indizione della nuova procedura di affidamento.

Altro tema particolarmente trattato dagli stakeholders ha riguardato l’inserimento, nell’ambito dei documenti di gara, dei dati relativi al personale assunto per l’esecuzione del contratto in corso.

Al riguardo, seppur non possano ritenersi infondate le obiezioni manifestate da diversi stakeholders circa il rischio di “appesantimento” del processo di elaborazione dei documenti di gara, atteso che le stazioni appaltanti potrebbero non disporre dell’elenco completo dei dati, l’Autorità ritiene che la presentazione di un’offerta adeguata nel rispetto della clausola sociale non può prescindere dalla indicazione da parte della stazione appaltante dei dati inerenti il personale soggetto all’applicazione della clausola medesima. È innegabile, del resto, che la conoscenza analitica di tali elementi può riflettersi positivamente sulla consapevole formulazione dell’offerta da parte dei concorrenti. Tale posizione è condivisa anche dal Consiglio di Stato, secondo il quale il bando deve indicare gli elementi rilevanti per la formulazione dell’offerta nel rispetto della clausola sociale e sia la stazione appaltante che l’operatore uscente sono tenuti a comunicare i dati ulteriori eventualmente richiesti dai soggetti interessati.

Relativamente a tale ultimo aspetto, l’Autorità, sulla base anche del presupposto che alcune informazioni sul personale utilizzato nell’esecuzione dell’appalto potrebbero essere già in possesso della stazione appaltante perché inserite negli atti inerenti l’esecuzione dell’appalto, ritiene di attribuire l’onere di rendere note le informazioni ulteriori eventualmente richieste alla sola stazione appaltante. La stessa raccoglierà le richieste pervenute, acquisirà i dati che non sono in suo possesso dall’operatore uscente e li renderà noti a tutti i potenziali concorrenti, garantendo l’anonimato dei soggetti richiedenti.

Per rendere più agevole l’acquisizione dei dati, nelle Linee guida si è data indicazione circa l’opportunità di stabilire, nello schema contrattuale, specifiche clausole che obblighino l’appaltatore a fornire, in corso d’opera, le relative indicazioni alla stazione appaltante.

Accogliendo il suggerimento del Consiglio di Stato, le Linee guida prevedono che all’offerta del concorrente sia allegato un progetto di assorbimento, che illustra le modalità con cui si intende dare concreta attuazione alla clausola sociale, ossia il numero dei lavoratori nei cui confronti verrà applicata la clausola e la proposta contrattuale per gli stessi (inquadramento e trattamento economico). La mancata presentazione del progetto equivale a mancata accettazione della clausola sociale con conseguente esclusione dalla gara.

Nell’ottica di consentire la più ampia partecipazione, è prevista la possibilità di attivare il soccorso istruttorio nel caso in cui all’offerta presentata non risulti allegato il progetto di riassorbimento.

Attesa la difficoltà di definire criteri di valutazione del “progetto di assorbimento” che rispondano ai requisiti di cui all’articolo 95, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, ripresi dalle Linee guida n. 2 –

Offerta economicamente più vantaggiosa, e il rischio che criteri di valutazione dell’offerta basati sul numero dei lavoratori che saranno ri-assorbiti in applicazione della clausola sociale possano essere di ostacolo a processi di efficientamento dell’operatore entrante, l’Autorità non ritiene opportuno inserire la valutazione del progetto dell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Viceversa, traendo spunto anche da quanto affermato in chiusura dalla Commissione speciale, in merito al fatto che le problematiche maggiori si pongono nei casi di accettazione formale della clausola sociale, che però porta al suo mancato rispetto in sede di esecuzione del contratto, il progetto viene considerato quale obbligo contrattuale il cui corretto adempimento deve essere valutato durante l’esecuzione del contratto, applicando nei casi di inadempimento i rimedi consentiti dal contratto e dalla legge.



{Punti successivi (3 e 4) omessi per ragioni di spazio; il testo integrale della Relazione è disponibile al seguente indirizzo:

http://www.anticorruzione.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/anacdocs/Attivita/Atti/Delibere/2019/Relazione%20illustrativa.pdf}